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giovedì 19 febbraio 2015

IL MASCHIO ANGIOINO

La costruzione del Maschio Angioino iniziò nel 1279, sotto il regno di Carlo I d'Angiò, su progetto dell'architetto francese Pierre de Chaule. 
Per la sua posizione strategica il nuovo castello rivestì non solo le caratteristiche di una residenza reale, ma anche quelle di una fortezza. 
La costruzione del Maschio Angioino iniziò nel 1279, sotto il regno di Carlo I d'Angiò, su progetto dell'architetto francese Pierre de Chaule. 

Per la sua posizione strategica il nuovo castello rivestì non solo le caratteristiche di una residenza reale, ma anche quelle di una fortezza. 

Fin dall'inizio esso venne chiamato "Castrum Novum" per distinguerlo da quelli più antichi dell'Ovo e Capuano. 

Durante il regno di Roberto d'Angiò il Castello divenne un centro di cultura dove soggiornarono artisti, medici e letterati fra cui Giotto, Petrarca e Boccaccio. Agli Angioini successero gli Aragonesi con Alfonso I, che seguendo la scelta dei predecessori, fissò la sua dimora reale in Castel Nuovo iniziandone i lavori di ricostruzione e facendo innalzare all'esterno, fra la Torre di Mezzo e quella di Guardia, il grandioso Arco di Trionfo per celebrare il suo vittorioso ingresso nella città di Napoli. 

Con gli Aragonesi si assiste al passaggio dal medioevale castello-palazzo alla fortezza di età moderna, adeguata alle nuove esigenze belliche e la zona intorno al Castello perde il carattere residenziale che aveva con gli Angioini. La struttura della costruzione aragonese risulta senz'altro più massiccia rispetto a quella angioina e rispecchia abbastanza fedelmente quella attuale, scaturita dai lavori di risanamento dei primi anni di questo secolo. 

Il monumento presenta una pianta trapezoidale formata da una cortina di tufo in cui si inseriscono cinque torri cilindriche (di cui quattro di piperno ed una di tufo) poggianti su un basamento in cui si aprono dei cammini di ronda. L'area del cortile, che ricalca quella angioina, è formata da elementi catalani come il porticato ad arcate ribassate e la scala esterna in piperno, opera dell'architetto maiorchino Guglielmo Sagrera, che conduce alla Sala dei Baroni e conferisce a questo angolo della corte il caratteristico aspetto dei patii spagnoli. 

Alla fine del XV secolo i Francesi subentrarono agli Aragonesi; tale presenza non durò per molto tempo, in quanto i Francesi furono sostituiti a loro volta dai viceré spagnoli ed austriaci. Durante il periodo vicereale (1503-1734), le strutture difensive del castello, adibito ad un uso prettamente militare, vennero ulteriormente modificate. Con l'avvento di Carlo III di Borbone che sconfisse l'imperatore Carlo VI nel 1734, il castello venne circondato in varie riprese da fabbriche di ogni genere, depositi ed abitazioni. 

Nel primo ventennio del XX secolo iniziarono a cura del Comune i lavori di isolamento del castello dalle costruzioni contigue (vedi video di Bernardo Leonardi); la validità di questo intervento scaturiva dal riconoscimento del valore storico e monumentale della fortezza e dalla necessità del recupero complessivo della piazza antistante. 

Attualmente il complesso monumentale viene destinato ad un uso culturale ed è, tra l'altro, la sede del Museo Civico. L'itinerario museale si articola tra la Sala dell'Armeria, la Cappella Palatina o di Santa Barbara, il primo ed il secondo piano della cortina meridionale a cui si aggiungono la Sala Carlo V e la Sala della Loggia destinate ad ospitare mostre ed iniziative culturali. 


Il Castel Nuovo o Maschio Angioino si presenta di pianta irregolarmente trapezoidale ed è formato da cinque grandi torri cilindriche, quattro rivestite di piperno e una in tufo, e coronate da merli su beccatelli. Le tre torri sul lato rivolto verso terra, dove si trova l'ingresso, sono le torri "di San Giorgio", "di Mezzo" e "di Guardia" (da sinistra a destra), mentre le due sul lato rivolto verso il mare prendono il nome di torre "dell'Oro" e di torre "di Beverello" (ancora da sinistra a destra). Il castello è circondato da un fossato e le torri si elevano su grandi basamenti a scarpata, nei quali la tessitura dei blocchi in pietra assume disegni complessi, richiamando esempi catalani.

Sul lato del castello rivolto al mare si affaccia la parete di fondo della "Cappella palatina", o chiesa di "San Sebastiano" o di "Santa Barbara", unico elemento superstite del castello angioino trecentesco, sebbene danneggiata nel terremoto del 1456 e in seguito restaurata. La facciata sul cortile interno presenta un portale rinascimentale con rilievi di Andrea dell'Aquila e di Francesco Laurana e un rosone, rifatto in epoca aragonese.

All'interno, illuminato da alte e strette finestre gotiche, si conservano solo scarsi resti dell'originaria decorazione affrescata, opera di Maso di Banco e un ciborio di Iacopo della Pila, datato alla fine del Quattrocento. Una scala a chiocciola accessibile da una porta a sinistra consentiva di salire alla "sala dei Baroni". L'interno fu affrescato da Giotto verso il 1330 ma il contenuto di questo ciclo d'affreschi è quasi interamente perduto anche se rimane descritto nei versi di un autore anonimo in una raccolta di sonetti del 1350 circa.

Tra le due torri che difendono l'ingresso (torri "di Mezzo" e "di Guardia") venne eretto un arco di trionfo in marmo, destinato a celebrare il ricordo dell'ingresso di re Alfonso nella capitale. L'opera trae ispirazione dagli archi di trionfo romani. Un arco inferiore, inquadrato da colonne corinzie binate, presenta sui fianchi del passaggio rilievi che raffigurano Alfonso tra i congiunti, i capitani e i grandi ufficiali del regno; sull'attico il rilievo raffigurante il Trionfo di Alfonso.

Un secondo arco si sovrappone al primo, con colonne ioniche binate, e doveva ospitare la statua del re. Sull'attico le statue delle quattro virtù (Temperanza, Giustizia, Fortezza e Magnanimità), collocate entro nicchie, sormontate da un coronamento a forma di timpano semicircolare, con figure di fiumi e in cima la statua di San Michele. Le sculture sono attribuite ad importanti artisti del tempo: Guillem Sagrera, Domenico Gagini, Isaia da Pisa e Francesco Laurana.

La "Sala dei Baroni" è la sala principale del Maschio Angioino. Prende il suo nome dal fatto che nel 1487 alcuni dei baroni che congiurarono contro Ferrante I d'Aragona furono da lui invitati in questa sala per celebrare le nozze della nipote. In realtà era una trappola: i baroni furono arrestati e alcuni di loro messi a morte.

Collocata all'angolo della torre "di Beverello", tra il lato settentrionale e il lato orientale, rivolto al mare, l'ampia sala (26 m x 28 m), opera di Guillem Sagrera, è coperta da una volta ottagonale poggiante su grandi strombature angolari e munita di costoloni che formano un disegno a stella. Sul lato rivolto verso il mare, tra due finestre crociate aperte verso l'esterno, si trova un grande camino, sormontato da due palchi per musicisti.

Tra le opere d'arte ancora presenti nella sala c'è il marmoreo portale bifronte di Domenico Gagini, due bassorilievi sui quali sono raffigurati il corteo trionfale di Alfonso d'Aragona e l’ingresso del Re nel castello, un portale catalano attraverso il quale si accede alla Camera degli Angeli. Una citazione a parte merita la scala a chiocciola in piperno, oggi inagibile, che conduce alle terrazze superiori. Il pavimento della Sala era decorato con maiolica invetriata bianca e azzurra, provenienti da Valencia.

La sala, sebbene danneggiata da un incendio nel 1919, è rimasta tuttavia l'unica del castello che conserva ancora il suo antico aspetto. Fino al 2006 ha ospitato le riunioni del consiglio comunale di Napoli.

Naturalmente come ogni castello che si rispetti, il Maschio Angioino dispone di ampi sotterranei e di tetre prigioni; c'è poi una cella detta "Cella del Coccodrillo" che, racconta la leggenda, si cibava dei nemici dei regnanti e degli sfortunati amanti della regina Giovanna.

Fonti : Comune di Napoli con testi di Rosalba Manzo; http://www.icastelli.it/ con testi di Cetty Giuffrida



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