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ULTIMO ARTICOLO POSTATO ORDINI CAVALLERESCHI CRISTIANI
FAMIGLIE NOBILI DEI SEGGI DI NAPOLI Attualità politica e sociale.

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SALUTO

AFORISMA GIORNALIERO

PENSIERI, RIFLESSIONI E AFORISMI...

mercoledì 30 dicembre 2015

CHI È il CAVALIERE OGGI ?...

( CHI SONO OGGI...  Chi erano ieri ?…  Perché Cavalieri ? )

Prefazione dissertativa :

La pubblicazione di questa articolata dissertazione, sui CAVALIERI nasce dal fatto che in questa contemporaneità  degradata,  si avverte sempre di  più il bisogno interiore, di un ritorno alla gentilezza   dell'anima e degli intenti di oggi,  spesso solo pensati e non attuati.

Difatti si percepisce l'esigenza di uscire fuori dalla banalità e superficialità' del male, nonché di distaccarsi dalla mediocrità dell'essere ignavo, persona priva di motivazioni e volontà, non incline alla bellezza e nemmeno alla solidarietà mirata al traguardo del Bene Comune.

Questo essere è ugualmente colpevole come quelli, che spesso, egli stesso, accusa di operosità asociale.

Perseverare e quindi continuare ad inseguire tali tracce degradanti e deformanti, non tramanderà nulla di positivo ed esemplare alle nuove e future generazioni.

Ma Ahimè! Oggi, ogni essere dotato di buona volontà nonché di intento e ragione, ma soprattutto di discernimento, si soffermerà non solo su i significati etimologici dei termini , ovvero sulla loro specificità e secondo “ la storia dell' operosità dei Cavalieri “, ma indagherà pure, ricercando la comprensione  relativa a chi era il Cavaliere, e sin dalle origini, a meno che non sia un soggetto che ne discuta solo per far emergere la propria nullità o mediocrità vista nell' oggi, ed a Narcisio aggiunge l' ipocrisia per apparire “ forte e con i muscoli “.

Costui solitamente non è mai intento a stabilire chi e come debba essere oggi, il nuovo, moderno Cavaliere.

Tale mio desiderio di divulgazione, nasce soprattutto per diffondere tale conoscenza ai PIÙ, ovvero ai numerosi profani di ciò, quelli che si autodefiniscono persino Cristiani ( forse immeritati ed abusivi ), ma il mio pensiero si indirizza anche verso il mondo dei “ NON ”, riferendomi all'oligarchia settaria dei dotti incompresi dai più, quelli che solitamente “ sanno o credono di sapere tutto ” .

La mia dedica è anche indirizzata a coloro che considerano ogni materia di genere, soltanto di proprietà argomentale - pensante, di esclusività degli  accademici esperti di storia, espressione narrante, spesso gestita da una casta che talvolta dimostra di essere storicistica, e quindi altrettanto opinabile, e che in taluni casi ha dimostrato di essere solo buona a sottoscrivere recensioni a  pagamento per asini accreditati, o meglio servitori volontari di un certo mondo politico-editoriale, molto vicino al “ domino ” di potere governativo...

Inoltre un pensierino vada pure a gli iniziatici, Massoni degni di tale nome, ad ogni libero muratore, oppure ad altri massoni di ogni ordine, loggia e grado, talvolta “ smemorati o distratti ”.

Il mio pensiero vada pure a quelli “persi e smarriti” perché deviati, in specifico ai “coltivatori “ di aristocrazia materiale, e chissà se recuperabili...

Questi sono carenti di riflessioni , e per mancanza di preistruzione argomentale quasi su tutto , gente poco idonea per poter distinguere il “ Sacro dal profano ”.

Pertanto bisogna porsi in allerta, in considerazione della confusione mentale generata da certi “ nuovi e vecchi ordini Cavallereschi “, (forse presunti ), composti da “ Cavalieri “ non sempre degni di tale titolo denominato, e talvolta appartenenti ad ordini indegni, rappresentati da “ Maestri di pensiero truffaldino “, come emerso in varie occasioni da una cronaca odierna, giorno per giorno, sempre di più nera .

Intanto per non divenire Cavalieri erranti, è meglio trasformarsi in Nobili
Gentiluomini di pensiero Cristiano, ed applicando il pensiero caritatevole FRANCESCANO.

Però per essere anche saldi, e restare con i piedi a terra , il cuore e la mente non dovrà omettere anche l'aspetto del pensiero costruttivo politico-sociale “ROOSEVELTIANO “, di stampo, umanistico ed umanitario, molto più incline ed idoneo su questa terra che non in cielo (se non per merito postumo ).

Tale Pensiero laico-integrato è mirato a costruire un Umanesimo integrale, anche laico, non lontano da quello Cristiano, e senza fraintendere e sviare i percorsi obbligati per raggiungere ed ottenere la Misericordia e la Compassione, unica strada finale e meritevole che in primis sarà rimessa alla volontà di Dio, e poi a quella degli uomini degni .

Pertanto per comportarci da “ NOBILI GENTILUOMINI ”, applicando tali pensieri espressi, non dimentichiamo che il mondo ha bisogno di persone che non dimentichino che i bambini hanno bisogno di   “ adulti coscienziosi  “.

Persone che ricordino pure che l' anzianità non è un “ fastidio “, ma rappresenta  un valore aggiunto.
Che lo svantaggio precostituito va rimosso mirando alla cultura dell' inclusione e del confronto umano e civile.

Che la dignità, la reciprocità, il rispetto, la responsabilità, il diritto ed il dovere, la giustizia sociale, la legalità, la fratellanza , la solidarietà, la generosità, l'etica, la pace, l'amore, la compassione, la misericordia ,  SONO VIRTÙ, valori per i quali un vero “ CAVALIERE ” combatte, e che oggi sarà meglio definirlo come            “ NOBILE GENTILUOMO “.

 Ma purtroppo, oggi, constatiamo che queste sono “ le Parole mancanti “ ed importanti da ritrovare nel       “ Vocabolario dell' Umanità “, giacché dimenticate, pagine strappate dalle “ mani immeritevoli ”, ignave e crudeli dell'attualità contemporanea.

I “ Sogni possibili ” non appartengono all' utopia, anche se spesso  definiti impossibili , perché non sono privi di speranza fattiva, se pur ancora lontana.

 Ma è bene ricordare che “ I Sogni del maledetto “, sono gli unici ad essere “ impossibili da subito ”.
Pertanto nel “ Sogno possibile ”, se pur lontano, è mia intenzione, unitamente ad altre figure di “ NOBILI GENTILUOMI e DAME “ ( Cavalieri rivisitati nell'oggi ), COSTITUIRE un' organizzazione associativa, GENTILIZIA ed omogenea, che non avrà nessun intento di costituire un ulteriore e ridicolo Ordine Cavalleresco, ma  solo applicare  il  pensiero “Francescano e Rooseveltiano “, usufruendo del SOSTEGNO, di una omogenea FRATELLANZA Gentilizia , composta da uomini e donne che ci auguriamo di coinvolgere sempre di più, persone che oltre all' ordinaria attività delle azioni associative di normale svolgimento quotidiano, siano intenzionate a realizzare proposte integrate d' intento, mirate alla fattibilità concreta di opere sociali con l' ausilio della propria volontà, caparbietà, capacità mentali, ma soprattutto con le espressioni etiche dettate dal cuore. 

Sin da ora ringraziamo tutti coloro che ci consentiranno la realizzazione di “ tale Sogno”, rendendolo possibile .

La meta di questo nostro Sogno utopico , ma possibile , (e che senz' altro non sarà facile), sarà quella di perseverare e mai desistere nella sua progettazione , mirata alla realizzazione di una “ COMUNITA' di lavoro multisettoriale residenziale per l' integrazione sociale di soggetti svantaggiati e disagiati , nonché non inclusi ed emarginati , compreso quelli a rischio sociale .

Le categorie interessate saranno : Disoccupati ordinari in genere, soprattutto i più bisognosi di ogni età, cassintegrati , ma in primis diversamente abili , ragazzi di strada, ex carcerati recuperati, ecc..., che andranno a produrre beni e servizi , per i cittadini-fruenti che saranno i veri sostenitori finali e continui.

Pertanto non sarà nemmeno sottovalutata l'azione dell'aspetto formativo educazionale, nonché quello ludico-aggregativo-ricreativo, esteso con la creazione di eventi , manifestazioni , nonché integrato con azioni attive , a mezzo della creazione di laboratori vari , il tutto a livello intergenerazionale .

Auguriamoci che tutto ciò avvenga nell' impronta FRANCESCANA ispiratrice dell' impresa laica nell' azione Socio-politica di matrice ROOSEVELTIANA , infine  per ripartire dalle domande poste all' inizio, su chi è il Cavaliere?, e perché Cavaliere?.


In conclusione , desidero esprimere definitivamente il ricordo della mia ( e nostra) nuova definizione di tale termine , traducendolo con “NOBILI DAME E GENTILUOMINI NAPOLETANI “, di Pensiero Francescano e Rooseveltiano integrato ,


Chi sono... ( chi erano ieri )

I Cavalieri Medievali erano figli di nobili che, non essendo primogeniti, non avevano diritto neanche a una parte dell’eredità del padre oppure erano Figli di Nobiltà decadute ma ancora vivi nello spirito combattivo.

Questi rampolli avevano solo due possibilità: abbracciare la carriera  religiosa o andare a vivere, fin da bambini, presso il castello di un potente signore, dove venivano addestrati al combattimento.
In questo caso, divenuti adulti, lasciavano il castello ed in genere si mettevano al servizio di un Signore potente locale oppure vivevano senza uno scopo preciso, se non quello di prendersi con la violenza ciò che volevano.

In entrambi i casi si comportavano,  come dei briganti: saccheggiavano, rubavano, usavano la loro forza per terrorizzare, opprimere e aggredire la popolazione indifesa.

E nel tempo moltissimi di loro non avevano punti di riferimento : non erano legati a nessuno e non avevano fissa dimora.

Si spostavano continuamente ( infatti li chiamavano “ cavalieri erranti ” ) sempre per compiere scorribande e saccheggi.

La loro vita, però, non era bella. Si sentivano forti delle loro violenze, ma nel loro cuore erano inquieti e insoddisfatti, perché avevano imparato, essendo dei nobili, a destreggiarsi benissimo con le armi, erano diventati abilissimi guerrieri, coraggiosi e forti, ma tutto quello che erano e sapevano fare non serviva a nessuno, non costruiva nulla.

Nel tempo ( sec. X – XI ) questi Cavalieri erranti o non, soprattutto quando si univano per compiere le loro scorribande, divennero un vero e proprio flagello per la società medievale.

Si tentò di dare un Codice Cavalleresco a questi Uomini per dare un significato al loro vagare, regole che furono ben divulgate e che la leggenda vuole che siano state create davanti ad una Tavola Rotonda presieduta da un certo Re Artù.

Ma nonostante questo, pochi si comportavano secondo tale Codice, in fondo nessuno li controllava a riguardo, le istituzioni di allora poco se ne curavano eccetto se non per difendersi da Questi o per assoldarli nelle continue lotte di predominio territoriali.

Sino a quando la Chiesa cristiana di allora che, come succede oggi, aveva a cuore la difesa della fede in Gesù contro gli attacchi nemici e il bene della società, propose a questi Cavalieri di mettere il loro valore militare e le loro qualità (il coraggio, la forza, il desiderio di conquista…) al servizio di un grande ideale : servire la Chiesa di Cristo, difendere la fede e costruire il bene, mantenendo la pace nel popolo cristiano, proteggendo i deboli, i poveri e gli indifesi dalle prevaricazioni dei prepotenti.
Insomma la Chiesa propose loro di accettare un compito bellissimo, di assumersi una grande responsabilità.

Quello che ci colpisce è che, accettando questo compito, non dovevano rinnegare nulla di sé, anzi tutto quello che erano veniva valorizzato ed esaltato ( è così anche per noi: se usiamo un dono ricevuto per un nostro capriccio, quel dono si perde, se invece lo offriamo a Dio perché lo usi per compiere il suo disegno, il nostro dono ci frutterà il centuplo).
I cavalieri accettarono l’invito della Chiesa e nacque così l’ordine della “Cavalleria”.
Da quel momento, chi desiderava diventare un cavaliere cristiano doveva seguire una regola:
- lasciarsi educare da un maestro (un cavaliere più anziano)
- trascorrere la notte prima della solenne vestizione in preghiera
- accettare lo stile di comportamento del vero cavaliere : oltre a sapersi destreggiare valorosamente con le armi,
- perdonare, non parlare inutilmente, aver misericordia per  l’avversario sconfitto, praticare la carità,
- pregare costantemente di restare cristiano e di ricevere il perdono di Dio per la propria anima .
Durante la cerimonia dell’investitura, il cavaliere più anziano o il signore a cui giurava fedeltà gli consegnava le armi che il Vescovo aveva in precedenza benedette: la spada (a cui il cavaliere dava un nome proprio), l’elmo, la maglia di anelli di ferro ( la “cotta” ), la lancia lunga, lo scudo e gli speroni.
Infine il Signore lo colpiva con la parte piatta della spada sulla spalla o sulla guancia ed egli non doveva vacillare per dar prova di resistenza e coraggio.
Così il nuovo Cavaliere era consacrato davanti a Dio e a dei testimoni.
I Cavalieri Cristiani sono vissuti in un tempo lontano dal nostro ( 5 o 6 secoli fa), però hanno lasciato un enorme ricordo ed un’esperienza che vorremmo vivere anche noi nel nostro tempo.

Al giorno d’oggi c’è un continuo brulicare di Ordini cavallereschi che escludendo quelli falsi in tutto e per tutto, al massimo possono definirsi : salottieri, sempre pronti a partecipare a Feste di beneficenze per immortalarsi in splendide foto da cornice.
Quindi si ritiene che voler far risorgere la Cavalleria con quei Nobili Ideali
debba avvenire per altre strade...
Preferiamo far rinascere una Figura direttamente collegata alla Cavalleria ma con un’immagine più distaccata dal concetto di antiche nobiltà, piuttosto proporre positivamente, chiunque anche non nobile di nascita, rivela educazione fine, indole cavalleresca, modi signorili e rettitudine di costumi e di ideali.
Che sappia si difendere gli Antichi Valori ma senza ostentazione, proprio come si addice ad un Vero Gentiluomo.
PER QUESTO RIVOLGIAMO A TUTTI L’INIVITO A DIVENIRE DEI :
 “ NOBILI GENTILUOMINI “ e visto che viviamo nella Nostra amata Terra del Sud, abbiamo aggiunto anche : “ NAPOLETANI “ per definire luoghi e ereditarietà storiche dei Nostri Avi.
Noi certo non andiamo in giro con addosso l’armatura, non combattiamo con spade e lance e non abbiamo neppure un cavallo, però condividiamo con loro il desiderio di una vita bella, utile, con un significato grande e la decisione di essere fedeli a Dio offrendogli tutto di noi, come dice la preghiera del Cavaliere.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                 LUIGI CIVOLANI






















Link alla pagina di Facebook di una Associazione promo sociale che si propone i programmi umanitari descritti sopra :

NESSUNO E' ESCLUSO

giovedì 9 aprile 2015

MÒNARCHIA di DANTE

La "Mònarchia" è il titolo (e non De Monarchia, estraneo alla tradizione manoscritta) di un trattato in tre libri di argomento politico, scritto da Dante in lingua latina. 

Il titolo non si riferisce genericamente a ogni stato in cui sia sovrano un re; si riferisce invece all'Impero: quell'unico principato che sta sopra tutti gli altri, relativamente a ciò che ha principio e fine nel tempo (cfr. Mn I II 2). 

La Monarchia venne infatti composta con l'intento di difendere i diritti dell'Impero contro le pretese della Chiesa e l'ostilità dei guelfi, dimostrando anzitutto a coloro che volevano la distruzione dell'Impero che esso era necessario per la felicità del genere umano.

In secondo luogo opponendo a coloro che indebitamente aspiravano a sostituirsi all'imperatore, che soltanto il romano Impero era tale di diritto, perché voluto dalla divina Provvidenza; e finalmente, contro la dottrina ierocratica che riservava alla Chiesa il diritto di ratificare con la confirmatio la scelta degli elettori, conferendo legalmente all'eletto la corona di rex Romanorum e il diritto di amministrare l'Impero, Dante sostiene che l'imperatore riceve la sua autorità direttamente da Dio, e non dalle mani del pontefice. 

Ciò posto, Dante conclude il trattato chiarendo quale debba essere il corretto rapporto tra i due poteri: egli prendeva così posizione entro il quadro di una controversia secolare, che negli anni immediatamente precedenti aveva raggiunto uno dei suoi punti culminanti con la lotta tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII. 

Dante poté attingere gli argomenti della propria discussione, e le linee
fondamentali della soluzione che egli prospettava, da alcuni degli scritti polemici che numerosi vennero allora composti a sostegno delle opposte dottrine: 

il De Potestate regia et papali di Giovanni da Parigi, la glossa anonima alla bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII, la Determinatio compendiosa de iurisdictione Imperii attribuita a Tolomeo da Lucca, il De Regimine Christiano di Giacomo da Viterbo: tanto per limitarci ad alcune delle opere che più sicura traccia lasciarono nella Monarchia. 

Impostando il suo trattato in modo del tutto diverso da certi precedenti apologeti dell'Impero. 

Come Enghelberto d'Admont ad esempio, Dante affrontava la discussione con argomenti filosofici, teologici, giuridici, tutto serrando entro le regole del sillogismo, con un procedimento scolastico rigidamente osservato che inserisce la Monarchia fra gli scritti volti a negare la dottrina della potestas directa in temporalibus, agl'inizi del Trecento decisamente riaffermata da Bonifacio VIII e da Clemente V, e sviluppata dai teologi ierocratici in organici trattati sulla Chiesa e sul primato papale. 

Dante riafferma dunque la piena eguaglianza dell'imperatore e del papa per quanto riguarda l'origine del loro potere e la funzione che essi assolvono: tanto il papa che l'imperatore sono eletti per ispirazione divina; papa e imperatore hanno, tosto che vengono eletti, la pienezza del loro potere; il potere dell'imperatore viene direttamente da Dio, al pari di quello del papa; il papa e l'imperatore sono le due guide indispensabili per l'umanità sulla via della felicità terrena e della felicità eterna. 

Ma nelle ultime righe del trattato Dante afferma che siffatta parità tra i due poteri, relativamente all'origine indipendente della loro autorità, non significa che l'imperatore non sia parzialmente soggetto al papa (in aliquo Romano Pontifici non subiaceat, III XV 17). 

È sembrato ad alcuni che quest'ultima affermazione contraddica ciò che precede; e persino c'è stato chi ha pensato a una tarda aggiunta di Dante, pentitosi di quanto aveva detto; mentre qualcuno ha cercato di diminuire l'importanza dell'affermazione restringendone il significato a un semplice ossequio. 

Ma di tutt'altra opinione certi interpreti, persuasi che, nel quadro delle varie soluzioni proposte intorno al rapporto tra i due poteri, Dante s'inserisca tra coloro che, mantenendosi distanti dalle posizioni radicali del nazionalismo francese e dall'imperialismo ghibellino, tentarono la via moderata di armonizzare le esigenze dell'idea imperiale con quelle della supremazia del potere spirituale, senza fermarsi alla semplice coordinazione dei due poteri. 

Un Dante nemico, dunque, della potestas directa in temporalibus, ma non di un rapporto fondato sul principio della superiorità del fine spirituale dell'uomo nei confronti del suo fine temporale.

Fonte : ( http://www.treccani.it/enciclopedia/monarchia_(Enciclopedia-Dantesca)/      di Pier Giorgio Ricci  )

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Iniziamo a Leggerci il primo Capitolo del primo Libro...


1 A tutti gli uomini, che una forza soprannaturale ha improntato all'amore della verità, questo spetta sopra ogni cosa: come essi si sono arricchiti dall'opera degli antichi, così a loro volta proiettare l'opera propria verso la posterità, tanto che questa trovi in essi di che arricchirsi. 

2 Stia certo di essere lontano dalla propria missione chi, formatosi agli insegnamenti ricevuti dalla società, non si cura di portare qualche contributo al bene della comunità: l'uomo non è pianta che, cresciuta lungo un corso d'acqua, fruttifica alla sua stagione, ma piuttosto voragine di morte che sempre inghiotte, non riversa mai fuori. 

3 A questo dunque ho pensato più volte fra me, e, per non essere accusato un giorno della colpa di chi sotterra il talento ricevuto, desidero non soltanto mostrare turgide gemme, ma dare frutti al bene comune e rivelare verità inesplorate agli altri. 

4 Che pro se uno si rimettesse a dimostrare un teorema di Euclide, o cercasse di additare di nuovo la felicità additata da Aristotele o tornasse a prendere le difese della vecchiaia già prese da Cicerone? Nessuno certo; sazietà piuttosto recherebbe una simile tediosa ridondanza. 

5 Ora, tra molte verità inesplorate e pure giovevoli, il più utile e insieme il meno afferrabile è il concetto di Monarchia temporale, che tutti lasciano da parte perché non ha un fine immediato di lucro: questo concetto è mio proposito di svolgere dal suo mistero, sia per essere utile all'umanità con le mie elucubrazioni, sia per essere il primo a cogliere per mia gloria la palma di tanto cimento. 

6 Certamente mi assumo un compito arduo al di là delle mie forze, confidando non tanto nelle mie possibilità quanto nella luce di quella Provvidenza che a tutti dispensa largamente doni senza mortificare. 

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Tutta l'opera la potete leggere anche online su questo sito :


o anche 



martedì 7 aprile 2015

LA TRADIZIONE

Desidero spiegarmi sul significato che ha per me la Traditio che tanto sembro amare.

Non è un mero rimpiangere i tempi antichi, sarei inutilmente anacronistico, neanche un camminare avanti con la testa girata dietro altrimenti si rischia solo di sbattere in muri mai visti e sorti dal nulla....

No tutto questo.... per me la tradizione è saper leggere nel passato per migliorare il presente ed il futuro Nostro e dei Nostri Figli.

Non si può gettare tutta l'esperienza e la saggezza dei Nostri Avi perché solo quattro scellerati senza alcuna morale ci fanno sembrare dei musei ambulanti....

Porto un esempio che può sembrare banale ma importante... salutare una Donna che si conosce appena... ormai si parte con questo maledetto TU anglosassone e senza alcuna decenza la si chiama a gran voce persino dall'auto per salutare la "malcapitata" che si sente chiamare e si gira attorno quasi spaventata....

E secondo Voi.. questa è educazione, gentilezza, sapersi comportare ??

No .. è solo cialtroneria di persone superficiali e senza alcun tatto ed educazione...

Ormai sono pochi gli Uomini che si spostano per far passare una Donna che devo dire ormai anche non se l'aspettano più e a volte sembra che facciano a gara per rassomigliare sempre di più agli uomini, perdendo tutta la delicatezza che Madre Natura ha donato Loro..

Entrambe le parti hanno perso il rispetto e l'educazione e anche molta etica. Prima il Tradimento era considerato un atto davvero infame, adesso ci si ride sopra e ci si creano degli spettacoli persino in TV, e fanno anche molta odiens... come si dice ora.

Ma ci si dimentica dello stato d'animo di chi viene tradito, di chi viene colpito alle spalle ed intanto aveva dato fiducia e speranza a chi aveva accanto.

Si è perso anche la sensibilità e l'essere accorti e sopratutto il rispetto di parlare di fronte al proprio coniuge o compagno o fidanzato di eventuali problemi della coppia.... no meglio tacere e tradire... tanto ormai lo fan tutti...

Un altro esempio... ho sempre odiato imporre qualcosa a qualcuno e in special modo ad una Dama, ma se si entra in Chiesa o in altro Luogo di Culto, ma diamine bisogna entrarci composti... non si va in Discoteca... che tra l'altro non ho mai capito perché vestirsi poi così provocanti quando si va a ballare... e su questo potete anche sorridere...

In questi giorni di Pasqua ho visto persone che entravano in Chiesa e
davvero erano indecorosi come si erano conciati... e devo dire che neanche gli uomini scherzavano con camicie aperte a gogò e con pessimo gusto.

Non credo che ci voglia molto per comprendere che ogni luogo ha bisogno dell'abito e del comportamento giusto... ed invece no... guai a dirlo, passi per un talebano... ma come risposi una volta sorridendo ad una amica... i talebani non avrebbero consigliato ma ben altro quindi inutile e stupido paragone...

L'educazione dei giovani verso gli adulti... ormai pochissimo... questo chiamare anche i Genitori per nome quando è così bello chiamare come da secoli si chiama chi ci ha donato la vita o ci cresce giorno per giorno dandoci tanto amore.

Ed invece no... togliamo anche il Papà e la Mamma... sono obsoleti... meglio Genitore uno e due... Potrei continuare per centinaia di righe, ma sarebbe solo un ripetersi di sconci e mancanze di rispetto verso Anziani, più sfortunati, Donne, Insegnanti, Sacerdoti, Superiori, non manca nessuno all'appello e tutto in base alla logica che siamo tutta un'erba...

Si certo siamo tutti Esseri Umani e nessuno deve mai azzardarsi a umiliare nessuno ma nessuno può permettersi di mancare rispetto a NESSUNO...

Per me quindi questa è Tradizione, utilizzare l'educazione che ci hanno insegnato i Nostri Avi che l'hanno migliorata nei Secoli.... L'europa era indizio di Cultura e Scienza e Idee e Filosofia... adesso...

Qualcuno mi potrebbe rispondere che con tanti problemi gravi io penso all'educazione ed io risponderei subitaneamente che appunto I Nostri Antenati ci hanno insegnato che dalle piccole cose si creano le grandi.. come si può pretendere che tutti siano onesti se poi non si insegna l'onestà neanche a Scuola ??...

Non lo so più adesso cos'è....

Poveri Nostri Avi e poveri Nostri Figli... Noi no... c'è la siamo cercati con la Nostra indifferenza mentre ci toglievano anche il gusto di baciare la mano ad una Gentile Dama. Buona riflessione a Tutti.

sabato 4 aprile 2015

RIFLESSIONI SULLA NOBILTÀ DEL SUD ITALIA

Non mi piace chiamarla Nobiltà meridionale, termine usato sempre in senso denigratorio verso Noi Napoletani, Siciliani, Calabresi, Lucani e Pugliesi.

Ed invece abbiamo scritto tanta Storia da far impallidire qualsiasi Popolo Europeo.

Ma questo lo sanno ormai Tutti e quindi è inutile rimarcarlo in questo mia semplice riflessione.

Arrivo al dunque, mentre stavo disegnando quasi il duecentesimo blasone di una Nobile Famiglia del Regno delle Due Sicilie, ho letto la sua storia ed ecco che presenta tra i vari appartenenti alla Famiglia un Martire della Repubblica Napoletana.

Tante grandi Famiglie del Regno aderirono alla Causa Repubblicana abbattuta dalle truppe Sanfediste e dai cannoni inglesi..

E non venne risparmiato nessuno, o impiccato o ghigliottinato o in Piazza dei Martiri a Procida o in Piazza Mercato a Napoli e ci sono tante lapidi e monumenti che ricordano questi Giovani Martiri di una Idea di Libertà Giacobina.

Quindi molte Famiglie avevano visto cadere la testa dei Loro giovani Figli e Nipoti per una repressione che diciamo poteva essere anche ormai risparmiata.

Ed avete mai pensato che queste Famiglie non avevano mai perdonato ai Borbone questa repressione sui Loro Figli e neanche 50 anni dopo si erano di nuovo schierati anche se in segreto, con i nemici dei Borbone ?

Quindi molte di queste Famiglie avevano tradito due volte il Loro Re... la prima volta con la Repubblica Napoletana e poi con l'avvento del mercenario Garibaldi.

Ed andiamo avanti nella mia riflessione.

Mentre il Re Francesco II insieme alla Moglie la Regina Maria Sofia di Baviera tentava un'ultima difesa a Gaeta, già le Famiglie Nobili Napoletane si preparavano ad accogliere il nuovo re.

E diciamola tutta la verità, se le Famiglie Nobili Napoletane non avessero voluto, nei loro sogni entravano a Napoli i garibaldini e i sabaudi.

Ma ben pochi rimasero fedeli al Re legittimo sino all'ultimo e anche alcuni di queste poi si inchinarono all'invasore sabaudo senza alcuna fedeltà al Re Borbone appena partito.

E la Storia si dimentica per più di cento anni dei Borbone e di ciò che avevano fatto di buono nel Sud, complici quasi tutti i storici napoletani ( cioè eccetto uno e due.).

Quindi le Nobili Famiglie del Regno delle due Sicilie in processione e ben in fila andarono ad omaggiare il Re invasore e si affrettano a chiedere la nuova patente regia che confermasse la loro Nobiltà... e domanda..

Nobiltà di cosa ?

Di chi tradisce il Re legittimo per un re mai voluto dal Popolo!!

Infatti non dimentichiamoci che il Popolo aveva applaudito a Garibaldi e mai ai sabaudi.

Per fortuna non tutte le Famiglie fecero quest'atto infame, di omaggiare chi aveva scacciato il Loro Re Borbone.

Bisogna dire anche che molte non fecero la famosa fila, perché il re sabaudo pretendeva bei soldini per rilasciare la nuova patente e non tutti se la poterono permettere e quindi addio bella nobiltà.

Quindi la maggior parte delle Famiglie Nobili Napoletane vennero iscritte nel nuovo famoso Libro d'Oro della Nobiltà Italiana e ne furono entusiasti.

Ed io a questo punto dico.. traditori ed anche ignoranti... ci voleva un libro straniero per affermare e ricordare la loro Storia Nobiliare !!!

Alcuni anni fa, grazie al coraggio di alcuni Storici si iniziò a scavare sui crimini di questi Savoia e dei loro seguaci che avevano perpetrato ai danni del Popolo del Sud Italia trattandoli peggio delle bestie.

E poi visto che i Savoia ormai vengono dimenticati da tutti e persino derisi o tenuti lontani, guarda caso il Sud riscopre la Real Casa dei Borbone e tutti si precipitano ad omaggiare i Pretendenti al Trono perché nel frattempo si sono creati due rami che ambiscono entrambi ad essere considerati l'unico legittimo Erede della Corona.

La circostanza che mi fa ridere è dunque questa...

Le Famiglie che non omaggiarono l'invasore e quindi volutamente dimenticate e cancellate nel possibile... togliendo anche con la forza, degli sgherri sabaudi, i Blasoni dai Loro Antichi palazzi e quindi non iscritti nel grande unico libro d'oro sabaudo, sono ormai dimenticati da tutti e tutto e persino messa in discussione la loro ascendenza nobiliare da una massa di cialtroni studiosi che per capire se una famiglia ha storia nobiliare la cerca nel libro aureo dei traditori della Nostra Terra.

Ho saputo che lo stesso Ordine Costantiniano per calcolare i quarti di Nobiltà per chi vuole accedere all'Ordine si rifà in prima battuta al Libro d'Oro.

Complimenti per davvero... cioè io per non tradire non lecco i piedi al re sabaudo e poi l'Ordine del mio Re per controllare la mia schiatta va a prendere i documenti di chi mi ha cancellato, per la mia fedeltà.

Siete dei grandi.. non c'è nulla da dire.

Beh non ultima la notizia di un Borbone che ha accettato il Cavalierato di San Maurizio e Lazzaro da un casata che ha ucciso e distrutto il Suo regno e il Suo Popolo... poi vi aspettate che questo popolo segua questo rappresentante dei Borbone ?

No non credo proprio che ciò avverrà.

Come non seguirà mai un Pretendente Spagnolo che viene in Italia ogni dieci anni.

Adesso state tutti a parlare dei Briganti.. dimenticandovi che questi all'inizio avevano combattuto a fianco dei garibaldini, poi quando videro che il re invasore era di sicuro peggio e non aveva portato la libertà anzi la repressione si misero a sparare i piemontesi....

E poco tenevano a che spartire questi poveri Briganti con le grandi Famiglie che avevano già tradito per tenersi le Loro terre e i Loro Blasoni ben in vista.

Quindi la mia conclusione semplice... volete ricostruire storicamente e culturalmente il Regno delle due Sicilie... bene.. aprite i registri del libro d'oro ma quello del 1900 e annotate tutte le Famiglie Nobili Napoletane e cancellatele dalla storia del Sud.

I traditori non meritano menzione e vanno sempre puniti.

Ma non succederà mai questo... basta guardare i gruppi anche su questo social network... stessi Antichi Cognomi del Sud li si legge sia nel gruppo Borbonico sia nel gruppo che inneggia ai re sabaudi.

E mi viene da ridere che molti che si dichiararano eredi di queste Nobili Famiglie inneggiano adesso ai Borbone... mentre davvero dovrebbero tacere per sempre perché nipoti di traditori della Patria e del Popolo del Sud, ed invece nella loro completa ignoranza e superbia osano pure parlare per poi vederli mettere anche un bel mi piace sotto le foto dei sabaudi.

Complimenti per la coerenza e per la nobiltà di azioni e di tradizioni.

Dimenticando che i Vostri Augusti Bisnonni hanno permesso che un re invasore uccidesse i Vostri Fratelli.. si i Vostri Fratelli anche perché se erano contadini e braccianti avevano fatto grandi le Vostre Famiglie con il loro lavoro ed il loro sangue e Voi li avete traditi andando a leccare i piedi ad un invasore che fece di loro carne di macello ed adesso che questo invasore non serve più.. tornate a parlare di Regno delle due Sicilie.

Aveva ragione un cronista veneziano al servizio del Re Normanno Ruggero II che parlando dei Nobili del Sud li aveva già descritti che erano bravi ad applaudire sempre l'ultimo venuto e a cambiar bandiera sui loro bastioni a velocità incredibile.

Prima di parlare di Re Borbone... parlate di chi ha tradito e che adesso vogliono ancora stare sul carro dei vincitori.

Viva il Sud Italia e la Sua Storia.

Come foto metto solo quello della Regina Maria Sofia... una vera Eroina che dovette vedere con i propri occhi i tanti "Nobili" Traditori.

Come sempre pronto a qualsiasi confronto.

giovedì 26 marzo 2015

IL GALATEO DI GIOVANNI DELLA CASA

- Capitolo I -

Parte seconda

Continua il discorso del Precettore al Fanciullo.
Come nell'articolo precedente alterno lo scritto originale con un riscrivere usando un linguaggio più consono ai Nostri tempi.




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Galateo parte secondaAdunque, quanto quelle di grandezza e quasi di peso vincono queste, tanto queste in numero et in ispessezza avanzano quelle: e potre'ti, s'egli stesse bene di farlo, nominare di molti, i quali, essendo per altro di poca stima, sono stati, e tuttavia sono, apprezzati assai per cagion della loro piacevole e graziosa maniera solamente; dalla quale aiutati e sollevati, sono pervenuti ad altissimi gradi, lasciandosi lunghissimo spazio adietro coloro che erano dotati di quelle più nobili e più chiare virtù che io ho dette; e, come i piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare la benivolenza di coloro co' quali noi viviamo, così per lo contrario i zotichi e rozzi incitano altrui ad odio et a disprezzo di noi. 

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Il Saggio spiega al fanciullo continuando dal paragrafo precedente che anche se si posseggono grandi virtù non si può fare a meno dell’educazione e della gentilezza nel proprio atteggiamento verso gli altri. 

Entrambe le doti umane devono essere sviluppate e una volta avanza una ed un’altra volta l’altra, dipende dall’occasione e mai sottovalutare i modi gentili e graziosi, infatti ci sono stati molti che hanno avuto successo nella vita solo grazie ad essi e lasciandosi dietro persone anche di intelligenza e spessore maggiore ma solo non capaci di ingraziarsi nessuno per modi non molto gentili e affabili. 

Conclude quindi che la forza dei modi gentili e piacevoli verso gli altri hanno l’ottima proprietà di predisporre benevolmente chiunque nei confronti di chi li attua e quindi saranno sempre ricercati e benvoluti al contrario dei zoticoni e rozzi di modi che attireranno sopra di loro sempre disprezzo se non addirittura odio. 

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Per la qual cosa, quantunque niuna pena abbiano ordinata le leggi alla
spiacevolezza et alla rozzezza de' costumi sì come a quel peccato che loro è paruto leggieri, e certo egli non è grave, noi veggiamo nondimeno che la natura istessa ce ne castiga con aspra disciplina, privandoci per questa cagione del consorzio e della benivolenza degli uomini: e certo, come i peccati gravi più nuocono, così questo leggieri più noia o noia almeno più spesso; e, sì come gli uomini temono le fiere salvatiche e di alcuni piccioli animali, come le zanzare sono e le mosche, niuno timore hanno, e non di meno, per la continua noia che eglino ricevono da–lloro, più spesso si ramaricano di questi che di quelli non fanno, così adiviene che il più delle persone odia altrettanto gli spiacevoli uomini et i rincrescevoli quanto i malvagi, o più. 

Per la qual cosa niuno può dubitare che a chiunque si dispone di vivere non per le solitudini o ne' romitorii, ma nelle città e tra gli uomini, non sia utilissima cosa il sapere essere ne' suoi costumi e nelle sue maniere grazioso e piacevole; sanza che le altre virtù hanno mestiero di più arredi, i quali mancando, esse nulla o poco adoperano; dove questa, sanza altro patrimonio, è ricca e possente, sì come quella che consiste in parole et in atti solamente. 

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Galateo parte seconda
Il precettore continua nel discorso al giovane allievo che la mancanza di questi modi gentili ed educati anche se non sono stati prescritti da nessuna legge e che essere rozzi non è considerato un vero e proprio peccato, ciò nonostante quasi come fosse la natura umana stessa a discriminare questi individui rozzi e villani, infatti li priva dell’amicizia e della benevolenza di tutti quelli che li circondano. 
Ci sono delle gravi azioni che gravemente si ripercuotono su chi li subisce e quindi molto temute ma anche piccole ma continue piccole azioni negative alla fine portano a noia e conseguentemente l'allontanarsi del prossimo. 

E a questo punto il Maestro porta l’esempio delle belve che sono temute dagli uomini per la loro manifesta pericolosità e quindi tenute alla larga, ma anche dei piccoli animali come le mosche e le zanzare anche se non proprio temute forse di più disprezzate ed odiate per il loro continuo fastidio, onde non pensare solo alle grandi azioni ma anche alle piccole che rendono una persona migliore per se stessi e per gli altri. 
Quindi tutti quelli che decidono di non vivere da eremiti o nei pubblici dormitori ai limiti della società civile, devono per forza di cosa imparare l’educazione e le buone maniere per essere sempre accettati benevolmente da chiunque e anche quando mancano le grandi virtù comunque sono una modo formidabile per essere accettati e ammirati dagli altri nella società. 

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Fine primo capitolo

martedì 24 marzo 2015

VERA CROCE

Vera Croce è il nome dato alla croce sulla quale, secondo i Vangeli, Gesù fu crocifisso.

Secondo la tradizione cristiana, la Vera Croce venne ritrovata a Gerusalemme nel IV secolo e ivi conservata fino al 1187, quando se ne persero le tracce dopo la conquista della Città Santa da parte di Saladino.

In diversi luoghi tuttavia si pretende esistano dei frammenti che si vorrebbe provengano da essa.

Molti storici dubitano che la croce ritrovata da Elena potesse veramente essere la croce di Cristo.

I sospetti maggiori derivano dal fatto che la croce sia stata trovata alcuni secoli dopo la morte di Cristo, e che il ritrovamento sia attestato solo da fonti tarde.

È del tutto probabile che la "vera croce" (unica o meno) sia stata costruita nel IV secolo.

La maggior parte degli studi moderni confermano che Gesù sia stato crocifisso su una croce di forma e dimensioni tramandate dalla tradizione, proprio per il metodo con cui si svolgeva la crocefissione, la quale avveniva ordinariamente sotto i romani con la forma a noi tramandata dalla tradizione.

Gesù non fu semplicemente inchiodato ad un palo ma ad una croce, in quanto era la croce lo strumento di supplizio romano e Gesù fu sottoposto ad una pena presieduta dai romani i quali usavano sempre la croce nelle loro sentenze ordinarie dell'epoca.

Il racconto del ritrovamento (inventio crucis) potrebbe essere successivo al 337, anno in cui Eusebio di Cesarea scrive la Vita di Costantino, in cui racconta che Costantino I trovò la tomba di Gesù, senza fare alcuna menzione della croce.

In particolare Eusebio ricorda che gli scavi per la scoperta della tomba furono portati avanti da Macario di Gerusalemme per volere di Costantino, il quale aveva avuto un sogno premonitore (luglio 325); la chiesa fu dedicata nel settembre 335, ma non vi è traccia della croce.

Nel 340-345 un pellegrino di Bordeaux, visitando Gerusalemme, afferma l'esistenza del complesso costruito da Costantino (una grande basilica, il martyrium, un atrio chiuso da un triportico costruito attorno alla tradizionale roccia del Calvario, e una chiesa rotonda anastasis che conteneva il sepolcro), ma non cita la croce.

Le Catechesi di Cirillo, però, riferiscono della croce; essendo state scritte tra il 348 e il 350, permettono di datare la creazione del racconto agli anni 340. Socrate Scolastico (nato nel 380 circa) fornisce un resoconto del ritrovamento nella sua Storia ecclesiastica.

Narra come Elena, madre di Costantino I, avesse fatto distruggere il tempio pagano posto sopra al Sepolcro e, riportatolo alla luce, vi ritrovò tre croci e il titulus crucis (il cartello posto sulla croce di Gesù).

Secondo il racconto di Socrate, Macario, vescovo di Gerusalemme, fece porre le tre croci una per volta sopra il corpo di una donna gravemente malata.

La donna, miracolosamente, guarì perfettamente al tocco della terza croce, che venne identificata con l'autentica croce di Cristo.

Socrate sostiene che fossero stati ritrovati anche i chiodi della crocefissione, e che Elena li avesse mandati a Costantinopoli, dove furono incorporati nell'elmo dell'imperatore e uno fu trasformato nel morso del proprio cavallo (questo morso sarebbe quello conservato prima nell'antica Basilica di Santa Tecla e, dopo la traslazione del 1548 voluta dal Vescovo Carlo da Forlì, nelDuomo di Milano, a decine di metri d'altezza dal suolo).

Secondo una tradizione (contraddetta da un'analisi recente che ne avrebbe mostrato la composizione d'argento) un altro chiodo dovrebbe circondare l'interno della corona ferrea oggi conservata nel Duomo di Monza.

Sozomeno (morto nel 450 circa), nella sua Storia ecclesiastica, fornisce in pratica la stessa versione di Socrate.

In più egli aggiunge che era stato detto che il luogo del sepolcro era stato "rivelato da un ebreo che abitava ad est, e che aveva tratto questa informazione da certi documenti ereditati da suo padre" (lo stesso autore mette però in dubbio l'autenticità di questo aneddoto) e che un morto era stato resuscitato dal tocco della Croce.

Versioni più tarde della vicenda, di tradizione popolare, sostengono che l'ebreo che aveva aiutato Elena si chiamasse Giuda, e che in seguito si fosse convertito al Cristianesimo e avesse preso il nome di Ciriaco.

Teodoreto di Cirro (morto intorno al 457) riferisce quella che era divenuta la versione comune del ritrovamento della Vera Croce: « Quando l'imperatrice scorse il luogo in cui il Salvatore aveva sofferto, immediatamente ordinò che il tempio idolatra che lì era stato eretto fosse distrutto, e che fosse rimossa proprio quella terra sulla quale esso si ergeva.

Quando la tomba, che era stata così a lungo celata, fu scoperta, furono viste tre croci accanto al sepolcro del Signore.

Tutti ritennero certo che una di queste croci fosse quella di nostro Signore Gesù Cristo, e che le altre due fossero dei ladroni che erano stati crocifissi con Lui.

Eppure non erano in grado di stabilire a quale delle tre il Corpo del Signore era stato portato vicino, e quale aveva ricevuto il fiotto del Suo prezioso Sangue.

Ma il saggio e santo Macario, governatore della città, risolse questa questione nella seguente maniera. Fece sì che una signora di rango, che da lungo tempo soffriva per una malattia, fosse toccata da ognuna delle croci, con una sincera preghiera, e così riconobbe la virtù che risiedeva in quella del Signore.

Poiché nel momento in cui questa croce fu portata accanto alla signora, essa
scacciò la terribile malattia e la guarì completamente » (Teodoreto di Cirro, Storia ecclesiastica, Capitolo XVII) Con la Croce furono anche rinvenuti i Santi Chiodi, che Elena portò via con sé a Costantinopoli.

Secondo Teodoreto :" Elena fece trasportare parte della croce di nostro Signore a palazzo.   Il resto fu chiuso in un rivestimento d'argento e affidato al vescovo della città, che fu da lei esortato a conservarlo con cura, affinché potesse essere tramandato intatto ai posteri. "

Un'altra versione popolare di tradizione siriaca sostituisce Elena con una mitica imperatrice del I secolo di nome Protonike.

La conservazione delle reliquie Il reliquiario d'argento, custodito nella chiesa dal Vescovo di Gerusalemme, era mostrato periodicamente ai fedeli.

Negli anni intorno al 380 una pellegrina cristiana di nome Egeria, recatasi a Gerusalemme in pellegrinaggio, descrisse la venerazione della Vera Croce in una lunga lettera, l'Itinerarium Egeriae, che mandò alla sua comunità religiosa: « Quindi una sedia viene posta per il vescovo sul Golgota dietro la Croce, che adesso è in piedi; il vescovo prende posto sulla sedia, e davanti a lui viene posta una tavola coperta di un panno di lino; i diaconi stanno in piedi attorno alla tavola, e vengono portati uno scrigno argentato in cui si trova il sacro legno della Croce e la condanna, e posati sul tavolo.

Lo scrigno viene aperto e [il legno] viene preso, e sia il legno che la condanna vengono posati sul tavolo.

Ora, quando viene messo sul tavolo, il vescovo, sedendosi, mantiene con fermezza le estremità del sacro legno, mentre i diaconi fermi tutto attorno lo sorvegliano.

Esso viene così sorvegliato perché è tradizione che le persone, sia i fedeli che i catecumeni, vengano una alla volta, inginocchiandosi davanti al tavolo, per poi baciare il sacro legno e allontanarsi.

E a causa di ciò, non so quando successe, si dice che qualcuno abbia morso e quindi rubato una scheggia del sacro legno, ed è quindi sorvegliato dai diaconi che stanno tutt'attorno, nel caso che uno di quelli che vengono dovesse tentare di farlo di nuovo.

E quando le persone passano una ad una, tutte inchinandosi, toccano la Croce e la condanna, prima con la fronte e poi con gli occhi; poi baciano la Croce e passano, ma nessuno stende la mano per toccarla.

Quando hanno baciato la Croce e si sono allontanati, un diacono regge l'anello di Salomone e il corno con cui venivano Consacrati i Re; baciano il corno e guardano l'anello; »

A lungo in precedenza, ma forse non fino alla visita di Egeria, era possibile anche venerare la corona di spine.

Dopo varie peripezie dovrebbe essere finita a Costantinopoli, dove fu molto venerata ma alla fine fu data in pegno al re di Francia in cambio di una grande somma di denaro.

Restò in Francia, e per la sua conservazione è stata costruita la Sainte Chapelle, gioiello del gotico.

A Gerusalemme si poteva venerare anche il palo a cui Cristo fu legato per la flagellazione, e la Sacra Lancia, che gli trafisse il fianco. Inutile ricordare che di molte reliquie della Passione vi erano duplicati in mezzo mondo.

Il poema in antico inglese Dream of the Rood menziona il ritrovamento della Croce e l'inizio della venerazione delle sue reliquie.

Una leggenda medioevale (la Leggenda della Vera Croce) narra che essa fu
costruita utilizzando l'Albero di Jesse (padre di re Davide), che è identificato con l'Albero della Vita che cresceva nel Giardino dell'Eden.

Nel 614 il sasanide Cosroe II portò via la Croce come trofeo, quando prese Gerusalemme.

Tredici anni dopo, nel 628, l'imperatore d'OrienteEraclio sconfisse Cosroe e recuperò la Croce, che portò prima a Costantinopoli e poi di nuovo a Gerusalemme.

Attorno al 1009, i cristiani di Gerusalemme nascosero la Croce, e tale rimase fino al suo ritrovamento, avvenuto durante la prima crociata, il 5 agosto 1099 per mano di Arnolfo Malecorne, primo patriarca latino di Gerusalemme, in un momento in cui il morale aveva bisogno di essere tenuto alto.

La reliquia scoperta da Arnolfo era un piccolo frammento di legno incastonato in una croce in oro.

Divenne la più sacra reliquia del regno di Gerusalemme, e non fu soggetta a nessuna delle controversie che avevano seguito in precedenza la scoperta della Sacra Lancia adAntiochia.

Fu conservata nella basilica del Santo Sepolcro sotto la protezione del patriarca latino, che la portava in marcia alla testa dell'esercito prima di ogni battaglia.

Fu portata anche sul campo della battaglia di Hattin nel 1187, ma l'esercito cristiano fu messo in rotta da Saladino e della Vera Croce si persero successivamente le tracce.

Sicuramente fu presa dai musulmani e nelle cronache islamiche si ricorda come Saladino ne rifiutasse la restituzione ai rappresentanti cristiani che gliela chiedevano, ricordando loro come Gesù fosse per l'Islam un grandissimo profeta, degno di essere ricordato.

Frammenti della Vera Croce Secondo la tradizione, prima della scomparsa della Croce, diversi frammenti ne vennero staccati e largamente distribuiti. Oggi il Monastero di Santo Toribio de Liébana, in Spagna, ospita il più grande di questi pezzi, ed è una delle mete di pellegrinaggio più visitate dalla Chiesa Romana Cattolica.

Un altro dei maggiori frammenti della Vera Croce si trova presso l'Abbazia di San Silvestro I Papa di Nonantola (Modena, Italia) ed è visibile oggi presso il Museo Benedettino e Diocesano dell'Abbazia di Nonantola, nella sezione del Tesoro Abbaziale.

Nel 348, in una delle sue Catecheses Cirillo di Gerusalemme sostiene che "tutta la Terra è piena delle reliquie della Croce di Cristo" , e in un'altra "il santo legno della Croce ci porta una testimonianza, visibile tra noi in questo giorno, e che da questo luogo adesso si è diffusa nel mondo intero, per mezzo di coloro che, nella loro fede, ne asportano dei pezzi" .

Il resoconto di Egeria dimostra quanto queste reliquie della crocifissione fossero ritenute preziose. Giovanni Crisostomo riferisce che i frammenti della Vera Croce erano conservati in reliquiari d'oro, "che gli uomini con reverenza portavano sulla loro persona".

Attorno all'anno 455, Giovenale di Gerusalemme, Patriarca di Gerusalemme inviò a Papa Leone I un frammento del "prezioso legno", secondo le Lettere di Papa Leone.

Una parte della Croce fu portata a Roma nel VII secolo da Papa Sergio I, che era di origine Bizantina. Si dice che un'iscrizione del 359, trovata a Tixter, nei dintorni di Sétif, in Mauritania, riportasse, in un elenco di reliquie, un frammento della Vera Croce, secondo una voce delle Roman Miscellanies, X, 441.

Ma la maggior parte delle reliquie più piccole arrivò in Europa da Costantinopoli.

La città fu presa e saccheggiata durante la Quarta Crociata, nel 1204:         « Dopo la conquista della città d Costantinopoli fu trovata una ricchezza inestimabile, gioielli incredibilmente preziosi e anche una parte della Croce di Cristo, che Elena spostò da Gerusalemme e che fu decorata con oro e pietre preziose. In quel luogo era tenuta in somma ammirazione.

Venne scolpita dai presenti vescovi e divisa fra i cavalieri assieme alle altre reliquie preziose; in seguito, al ritorno in patria, fu donata a chiese e monasteri. » (Chronica regia Coloniensis - sub annorum 1238 - 1240. pagina 203).

Alla fine del Medioevo così tante chiese sostenevano di possedere un pezzo della Vera Croce, che Giovanni Calvino affermò ironicamente che tutte queste supposte reliquie avrebbero potuto riempire una nave:

« Non c'è un'abbazia così povera da non averne un esemplare [di reliquia della Croce].
In alcuni luoghi se ne trovano grossi frammenti, come nella Santa Cappella, a Parigi, a Polictiers, e a Roma, dove si dice che ne sia stato ricavato un crocifisso di discrete dimensioni.
In breve, se tutti i pezzi ritrovati fossero raccolti, formerebbero un grande carico di nave.
Tuttavia i Vangeli mostrano che poteva essere trasportata da un solo uomo. » (Giovanni Calvino, Traité Des Reliques.). 

Tuttavia, anche se la frase di Calvino è tuttora presa alla lettera da molti commentatori, e anche se è chiaro che molti dei pezzi esistenti della Vera Croce siano delle contraffazioni create dai mercanti viaggiatori durante il Medioevo, l'affermazione non è corretta.

Infatti, nel 1870 Rohault de Fleury, nel suo libro Mémoire sur les instruments de la Passion (Memorie sugli strumenti della Passione), stese un catalogo di tutte le reliquie conosciute della Vera Croce, sostenendo che, al contrario di quanto affermato da altri autori, i presunti frammenti della Croce, raccolti insieme, ammonterebbero al volume di soli 0,004 metri cubi.

Rohault calcolò: supponendo che la Croce fosse stata di legno di pino (in base alle sue analisi al microscopio dei campioni) e assegnandole un peso di circa settantacinque chilogrammi, possiamo calcolare il volume originale della croce essere 0,178 metri cubi.

Resta quindi un volume di 0,174 metri cubi di legno ancora dispersi, distrutti o non conteggiati.

In effetti non abbiamo informazioni credibili sulla struttura della croce, che di solito non era in un pezzo unico, ma costituita da un palo (fisso) e da un'asse (mobile) a volte costituita dal chiavistello di una porta; quindi il volume stimato da Rohault potrebbe essere errato.

Questa incertezza deriva dal fatto che abbiamo un'idea insufficiente sulle dimensioni e volume degli strumenti per la crocefissione in epoca romana.

In ogni caso 0,004 metri cubi, pari a un cubo di circa 16 cm di lato, oppure a un palo lungo un metro e del diametro di soli 7 cm circa, sono certamente molto meno del volume che la croce poteva avere.

La quantità di legno della croce presente nell'antichità impressionava comunque anche i credenti, e coloro che credevano all'autenticità della reliquia, e se ne davano diverse spiegazioni.

Ad esempio Paolino invoca il miracolo della "reintegrazione delle croce": ovvero, per quanti pezzi e schegge se ne possano togliere, la Vera Croce resta sempre integra. [The Catholic Encyclopaedia, Vol. 4, p. 524]

Quattro schegge della Croce - di dieci frammenti con prove documentate degli Imperatori Bizantini - provenienti da chiese Europee: Santa Croce in Gerusalemme a Roma, Notre Dame de Paris, il Duomo di Pisa e Santa Maria del Fiore - sono stati analizzati al microscopio.

"I pezzi vengono tutti da legno di olivo" (William Ziehr, La Croce, Stoccarda 1997, p.63)

Anche la parrocchia di Civitella Casanova in Abruzzo possiede, accuratamente riposte in un reliquiario d'argento, delle reliquie attribuite alla Croce di Cristo.

A Chiaramonte Gulfi (RG) si conservano due frammenti del legno della vera croce uno custodito nella Chiesa di San Vito in un prezioso reliquiario in filigrana di argento e l'altro nella Chiesa Commendale del S.M.O.M. di San Giovanni Battista custodito in un reliquiario di argento, insieme ad altre reliquie, e accompagnato da un documento che ne afferma l'autenticità.

A Gerace (RC) si conserva un piccolissimo frammento della croce di Gesù Cristo in un grande reliquario contenente 100 tessuti dei Santi.

Giovanni Crisostomo ha scritto delle omelie sulla Croce:

« I Re togliendosi il diadema prendono le croci, il simbolo della morte del loro salvatore; sulla porpora, la croce; nelle loro preghiere, la croce; sul sacro altare, la croce; in tutto l'universo, la croce.

La croce risplende più chiara del sole.»